Pier Pettinaio (Siena, 1180 ca.-1289)

Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta,
Pier Pettinaio (Siena, Museo di Arte Senese, 1445)

«Pace volli con Dio in su lo stremo
de la mia vita; e ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo, 

se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni, 
a cui di me per caritate increbbe...»  
                                                                          (Purg. XIII, 124-29) 

Alla figura, modesta e riservata, di Pier Pettinaio, al secolo Pietro dei Campi, terziario francescano (Siena, 1180 ca.-1289), fa solo un cenno, fugace e delicatissimo, Dante nel canto XIII del Purgatorio
Qui Sapia Senese - appartenente alla nobile famiglia dei Provenzani -, prima di essere ammessa a godere la visione celeste deve scontare la sua pena fra gli invidiosi (questi hanno gli occhi cuciti con fili di ferro e indossano mantelli color della pietra) e confessa al pellegrino di aver evitato un lungo soggiorno nell'Antipurgatorio solo grazie alle sante orazioni del suo concittadino Piero, che di lei ebbe pietà ('a cui di me per caritate increbbe'). 
Le fonti antiche infatti, vogliono che la donna, conscia dei suoi numerosi peccati, si recasse sovente alla piccola bottega di Piero, nel centro di Siena, per lasciare le sue elemosine ai poveri della città, ma soprattutto per implorare dal pover'uomo preghiere e intercessioni presso il Signore a perdono della sua cattiva condotta di vita.
Personaggio modesto, di professione appunto pettinaio, ossia venditore di pettini, di Piero ci conservano qualche notizia diversi documenti senesi del tempo (relativi agli anni 1222-1232 e 1247), oltre a qualche aneddoto tramandato dai primi commenti danteschi. La sua vita è invece narrata, da un punto di vista agiografico, in una Legenda del 1330 ca., scritta in latino da Pietro da Montarone, diffusasi poi attraverso due volgarizzamenti in volgare fiorentino del 1508 e del 1541.
Si sa che condusse una vita lunga (oltre 100 anni!) improntata alla preghiera e alla carità nei confronti del prossimo, ottenendo fin da subito fra i suoi concittadini fama di santità. 
Una delle prime notizie su di lui, è un ricordo del grande francescano Ubertino da Casale, che nel Primo Prologo dell'Arbor vitae crucifixae Iesu, il suo capolavoro, dichiara di averlo conosciuto in Santa Croce a Firenze, convento francescano e ritrovo di frati e penitenti del Terz'Ordine: "Nam ad Provinciam Tusce veniens sub titulo studii inveni in multis viris Spiritum Jesu fortiter ebulire: inter quos vir de Deo plenus, Petrus de Senis Pectenarius" ('Infatti venendo nella Provincia di Toscana per motivi di studio, in molti uomini trovai fermentare fortemente lo Spirito di Gesù, fra i quali, uomo pieno di Dio, Pier Pettinaio di Siena').
Secondo Girolamo Gigli (Diario senese, P. II, p. 147), Piero arrivò fanciullo in città da Campi, un piccolo borgo a sette miglia da Siena, nella campagna del Chianti. Viveva dapprincipio sul poggio Malavolti, e si recava tutti i giorni nella vicina chiesa di S. Domenico, finché durante la recita del Mattutino ebbe una visione che non si trattenne dal rivelare a un amico, il quale però incautamente la rese pubblica, costringendo perciò Piero a trasferirsi a Vallerozzi.
Si sposò in giovane età ma non ebbe mai figli a causa della sterilità della moglie, cosa che indusse la coppia a scegliere di vivere in castità, vestendo l'abito del Terz'Ordine Francescano. Aperta una bottega di pettini, si distinse subito per onestà e dedizione al lavoro.
L'Anonimo fiorentino, uno fra i primi commenti integrali della Commedia (1400 ca.), racconta per esempio (parafraso il testo in italiano moderno): "Pier Pettinaio aveva una bottega di pettini a Porta Camollia a Siena. Si dice che egli andasse a Pisa a comperare pettini, e ne comprava a dozzine per poi rivenderli a Siena. Dopo che li aveva comprati, se ne veniva con questi pettini sul Ponte vecchio di Pisa [attuale Ponte di Mezzo], e qui sceglieva i pettini: e se ne trovava qualcuno che fosse rotto o comunque con qualche difetto, lo gettava immediatamente in Arno. Da molte persone gli venne detto più volte che, se anche qualche pettine era rotto o non così buono, pure doveva valere qualche denaro, e che era meglio venderlo per rotto. Ma Piero rispondeva: Io non voglio che nessuna persona abbia da me una cattiva mercanzia. Quando poi vedeva qualcuno condotto dai Rettori di Siena in carcere, si inginocchiava e diceva: Laudato sia tu, Iddio, che mi hai preservato da un tale pericolo. E per siffatti modi e di simili, i Senesi, che sono persone che si meravigliano facilmente, affermavano che egli fosse santo, e per santo lo reputarono e adorarono".

Per la sua fama di uomo pio e religioso, Piero fu incaricato dal Comune di Siena, insieme ad altri otto compagni, boni homines de penitentia, di scegliere i carcerati più meritevoli e che si distinguevano per la loro buona condotta, che poi venivano messi in libertà; di visitare gli ospedali e di occuparsi della raccolta annuale delle elemosine per i poveri della città.
Visitava in particolare molto spesso l'Ospedale di Santa Maria della Scala, assistendo gli infermi e i bisognosi: "serviva (...) con molta ilarità e sollecitudine; e con grata faccia a tutti dimandava: se per lui si potesse in alcuna cosa servirli (...). Le mani e i piedi di quegli infermi divotamente lavava e baciava; e le piaghe ancora orride nettava e fasciava, quasi come un altro beatissimo Francesco".
Negli ultimi anni della sua vita, morta la moglie, vende la sua vigna e la sua casa bottega, sue uniche proprietà, per trasferirsi in un alloggio nella contrada dell'Ovile, che consisteva in una piccola cella adiacente all'infermeria del convento di S. Francesco. Durante questi anni si sarebbe avvicinato al rigorismo degli Spirituali e avrebbe appunto incontrato Ubertino da Casale a Firenze (l'incontro andrà datato al 1285 ca.): da questi però si distinse, più che per l'intransigenza e il rigore, per la sua mitezza e bontà d'animo, che riluceva particolarmente nel fervore della preghiera.
Dopo la sua morte una deliberazione del Consiglio della Campana assegnò 200 lire ai frati Minori della Chiesa di S. Francesco di Siena pro faciendo construi super tumulum sancti Petri Pettinarii civis senensis unum sepulcrum nobile cum ciborio et altari ("per far costruire sul tumulo di san Piero Pettinaio cittadino senese un nobile sepolcro con ciborio e altare"); e nel 1328, probabilmente sulla scorta del successo della Commedia dantesca, edita integralmente a partire dal 1321, data della morte del sommo poeta, il Senato di Siena istituì una festa a lui dedicata, da celebrare nella stessa Chiesa di S. Francesco. Lo splendido monumento funebre andò però distrutto da un incendio il 24 agosto 1655, dal quale si salvarono solo i resti del braccio del sant'uomo, conservato poi e venerato come reliquia dalle Clarisse di Siena. 
Il 2 gennaio 1802 infine papa Pio VII ne sancisce il culto ufficiale, proclamandolo beato, con ricorrenza fissata il 4 dicembre, data della morte. Il Longfellow nel suo commento dantesco (1867) ricorda i grandi festeggiamenti a Siena in quell'anno 1802, descritti dal vivo dal viaggiatore inglese Joseph Forsyth (1763-1815), presente in città in quei frangenti: "Il papa aveva riservato per questa festa [l'Assunzione] la beatificazione di Piero, un venditore di pettini di Siena, che fino ad oggi la Chiesa aveva trascurato di canonizzare. Il povero Piero fu onorato con tutta la solennità della musica, della folle, un cardinale officiante, un florido panegirico, raffigurazioni di angeli che portano in paradiso gli strumenti: dei pettini con cui pettinano i loro capelli divini. Ma il più grande onore lo ha ricevuto cinquecento anni fa: un verso di preghiera da parte di Dante". 
Fra i suoi attributi a livello iconografico - come nel dipinto sopra riportato del Vecchietta - c'è l'indice posto sulla bocca a indicare il silenzio, che sottolinea l'atteggiamento da tenere nella vita di un terziario francescano: vivere la propria vita da laico, nel compimento del proprio dovere, senza clamori o grandi avvenimenti, agendo nel silenzio a favore del prossimo, con la fede (pregando per lui) e con le opere (non frodandolo nonostante la sua professione di mercante che cerca il proprio profitto personale per vivere).
All'interno del passo dantesco il riferimento a Pier Pettinaio apre quindi uno squarcio di grande pietà e devozione cristiana: nel quadro delle beghe politiche nella Siena del tempo, delle lotte fratricide fra guelfi e ghibellini, fra senesi e fiorentini, in cui si staglia la nobildonna Sapìa dei Provenzani, divorata dall'invidia nei confronti dei suoi concittadini; ecco che si apre un piccolo quadretto di pace e di serenità, nella piccola bottega di Piero, dove si lavora modestamente e modestamente si prega per questo e per quello, per amici e per nemici. Al fragore della guerra si contrappone il silenzio della bottega; all'odio l'amore; all'invettiva la preghiera devota a Dio. E Sapìa, la nobile e superba Sapìa, riconosce ora finalmente, nell'aldilà e alla luce della Verità, l'errore commesso; e si pente, riconoscendo la propria colpa; e dall'alto dei cieli ringrazia l'umile Piero, di professione povero pettinaio.

Sulla sua vita si possono leggere:
Pietro da Montarone, Vita del beato Pietro Pettinaro da Siena, Siena, per Symone e Niccolò di Nardo 1529;
L. De Angelis (OFM), Vita del Beato Pietro Pettinajo sanese del Terz'Ordine di San Francesco, Siena, Francesco Rossi e Figlio 1802 [online];
F. Cristofani, Memorie del Beato Pietro Pettignano«Miscellanea Francescana» V (1890), pp. 34-52;
A. Vauchez, Pietro Pettinaio di Siena, in Bibliotheca Sanctorum, vol. X, Roma 1968, pp. 719-22;
R. Manselli, Pier Pettinaio (o Pettinagno), in Enciclopedia Dantesca, vol. IV, Roma 1973, pp. 492-3 [online];
C. Agricoli, Pier Pettinaio nella Siena duecentesca. Biografia ragionata in cerca di tracce nella Siena di otto secoli fa, Siena, Il Leccio 2014.

Per chi volesse approfondire con notizie e documenti originali: 
A. Lisini, Notizie sul beato Pier Pettinagno«Miscellanea Storica Senese» IV (1896), pp. 42-5;
A. Lisini, A proposito di una recente pubblicazione su la Sapia dantesca«Bullettino Senese di Storia Patria» XXVII (1920), 1, pp. 80 e sgg. [poi pubblicato in estratto, Siena, Tip. Lazzeri 1920]; 
E. G. Gardner, Dante and the Mystics. A Study of the mystical Aspect of the Divina Commedia and its relations with some of its medieval Sources, London, J. M. Dent & Sons 1913, pp. 214-15;
F. Ageno, Per l'interpretazione di quattro passi danteschi (Inf. XXVI 91 e 126; Purg. XIII 128; Par. XVII 66)«Studi Danteschi» 34 (1957), pp. 205-15;
C. Cenci (OFM), 'San' Pietro Pettinaio presentato da un predicatore senese contemporaneo«Studi Francescani» 87 (1990), 1-2, pp. 5-30;
C. Cenci (OFM), San Pietro Pettinaio presentato da fra Bindi da Siena«Archivum Franciscanum Historicum» 99 (2006), pp. 189-211.


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