Convegno dantesco a Roma (28 settembre-1 ottobre 2015)
Si è tenuto a Roma, fra Villa Altieri e il Palazzetto degli Anguillara, un nutrito e interessantissimo convegno (in quattro giorni, dal 28 settembre all'1 ottobre) organizzato in vista del Settecentenario della morte di Dante (1321-2021) dal Centro Pio Rajna e dal suo Presidente, Professor Enrico Malato (qui il programma completo).
La prima giornata del convegno ha avuto come tema Dante tra narrazione biografica e storia.
Il primo intervento è stato di Luciano Canfora, con una relazione dedicata alle
fonti classiche del viaggio dell’Ulisse dantesco oltre le colonne d’Ercole (Inferno XXVI): dotta e bella la
discussione circa il significato della profezia di Tiresia (Od. XI) nei confronti di Ulisse, a cui
la morte verrà “dal mare” (ex alòs,
sostantivo) ovvero “lontano dal mare” (exalòs,
aggettivo).
Teresa De Robertis ha invece presentato il Nuovo Codice Diplomatico Dantesco (NCDD) che sta curando, insieme a Stefano Zamponi e a Giuliano
Milani, per la Salerno Editrice, e ormai in dirittura di arrivo. Il volume sarà
articolato in 4 parti, di cui una principale e tre Appendici per un totale di
670 documenti: 1) 328 documenti relativi agli antenati noti di Dante, a
Dante stesso, ai fratelli (Francesco e Tana/Trotta), ai figli di Dante e ai
figli dei fratelli, in un arco temporale che va dal 1131 al 1417; 2) Appendice 1: 30 documenti relativi a
Pietro di Dante giudice; 20 documenti (dal 1347 al 1358) che seguono le vicende
del ramo fiorentino degli Alighieri fino alla sua estinzione diretta; 3) Appendice 2: 284 documenti (1355-1432)
relativi ai figli legittimi di Pietro di Dante; 4) Appendice 3: 8 documenti dubbi (1261-1338). Rispetto al Codice del Piattoli, il NCDD riporterà
40 documenti in più: 14 già noti, acquisiti dalla bibliografia, e 16 del tutto
nuovi (fra cui un documento su Cacciaguida e 4 relativi direttamente a Dante).
Luciano Canfora |
Johannes Bartuschat ha presentato uno studio sulle biografie di Dante
fra Medioevo e Rinascimento, focalizzandosi in particolare sulle differenze fra
il Trattello del Boccaccio e le Vite di Dante scritte da Filippo Villani
e Leonardi Bruni nella Firenze umanistica.
Giuliano Milani, nell’affrontare i problemi relativi alla biografia di
Dante, si è concentrato su due aspetti principali: 1) la posizione sociale
della famiglia Alighieri; 2) la posizione politica di Dante. Riguardo il primo
punto, rovesciando il giudizio tradizionale, lo studioso ha sostenuto la non
nobiltà originaria (nemmeno fra la piccola nobiltà) della famiglia Alighieri,
che invece ha avuto una forte ascesa sociale soltanto nella generazione di
Dante, grazie soprattutto all’ambigua figura di Alighiero, padre del poeta, e
ai suoi traffici in odore di usura. Riguardo invece il secondo punto, Dante
farebbe riferimento al partito dei moderati per quanto concerne
l’interpretazione degli Ordinamenti di
Giustizia di Giano della Bella, insieme a figure quali Lapo Saltarelli e
altri, di nobili famiglie (giudici e notai) ma moderati, e ciò indurrà il
poeta, nel corso degli anni, ad avvicinarsi alla fazione dei Bianchi.
Nel pomeriggio della prima giornata si sono infine alternate quattro
comunicazioni: Laura Regnicoli ha presentato due pergamene del 1257 in cui
Alighiero, padre di Dante, compare come procuratore dell’Abbazia di Fucecchio
in una causa intentata dai fratelli Semifonte, prestatori di valuta. Lungi
dall’assumere una diversa sfumatura, lontana da quella dell’usuraio di almeno una
decina di documenti registrati dal Piattoli nel suo Codice Diplomatico, il padre di Dante, secondo la studiosa,
confermerebbe il suo ruolo di procacciatore di (loschi) affari, in questo caso
nella difesa dei frati vallombrosani di Fucecchio, e dell’abate dell’abbazia
stessa, tale Nicola, dedito notoriamente ai piaceri mondani e perciò
immerso nei debiti fino al collo. Un’altra pergamena, datata 1308, vede invece
la presenza di un Giovanni “figlio di Dante”, in qualità di testimone in una
causa; e lo stesso Giovanni è nuovamente nominato in un documento del 1314
relativo a un podere di Firenze, di indubbia e nota proprietà della famiglia
Alighieri. Ciò ha indotto la studiosa ad allontanare il sospetto, già del
Piattoli, di un figlio illegittimo del poeta ovvero di un’omonimia con un Dante
di origini venete, e a riconoscere al poeta tre figli maschi, cui Dante avrebbe
imposto significativamente i nomi dei tre apostoli, colonne della prima Chiesa:
Giovanni (il primogenito), Pietro e Giacomo (Jacopo), figure che compaiono
insieme in Par. XXV, passo che quindi
potrebbe celare –ma qui ci pare francamente una forzatura- un ricordo
autobiografico velato di nostalgia.
Giuseppe Indizio ha invece presentato i criteri metodologici di un suo
volume in preparazione dedicato alla Vita
di Dante.
Una pagina miniata di Po |
Angelo Piacentini (handout qui) ha illustrato gli epitaffi post mortem dedicati a Dante: Theologus
Dante (di Giovanni del Virgilio), Iura Monarchie ("Bernardum de Canatio"), Inclita fama (di Menghino Mezzani), più un ritmo attribuito a
Guido da Pisa.
Giuliano Pisani, infine, ha illustrato somiglianze e differenze fra
gli affreschi di Giotto nella Cappella Scrovegni di Padova, e la Commedia, alla luce del fatto che,
proprio negli anni della dipintura del ciclo di affreschi, Dante si trovava effettivamente
a Padova, per cui sarebbe altamente probabile una conoscenza reciproca fra i due
concittadini fiorentini.
La seconda giornata è stata incentrata, nella sua prima parte, sul
tema della Formazione intellettuale di
Dante. Giuseppina Brunetti (handout qui) ha approfondito la Vita di Dante scritta da Leonardo Bruni, sottolineando in
particolare la conoscenza da parte dell’umanista fiorentino di autografi di
Dante, in particolare di Epistole con
tanto di firma e di sigillo personale del poeta, oltre a disegni (nella fattispecie
uno relativo alla battaglia di Campaldino) realizzati da Dante stesso in calce
ad una lettera. La studiosa ha poi accennato alla possibilità –e qui tremano le
vene e i polsi- dell’esistenza in qualche archivio ancora non accessibile, ma
di prossima consultazione da parte della studiosa, di queste lettere autografe viste dal Bruni,
redatte in una “lettera lunga e magra”, presumibilmente la cancelleresca dei
documenti e non la textualis
libraria. In margine a tali considerazioni la studiosa ha infine additato un
Orosio appartenente alla Biblioteca di Santa Croce di Firenze, fittemente
postillato (in corrispondenza di passi poi effettivamente ripresi nella Commedia) da una mano duecentesca “su
cui sarebbe bene indagare”.
Roberto Antonelli ha invece indagato la presenza dei poeti in volgare
nella vita e nell’opera di Dante, in particolare di Cavalcanti, vera e propria
presenza ingombrante per Dante e suo alter
ego in quanto “altra faccia dell’amore” davanti a cui si trova, come a un
bivio, la nascente poesia fiorentina. Oltre a Cavalcanti Antonelli ha rilevato
la presenza di Guinizelli, Lapo Gianni e Gianni Alfani, fino a Cino da Pistoia
e a Jacopo da Lentini, cui presumibilmente Dante si riferirebbe nella Vita Nuova come “il primo a
parlare sì”. Conoscenza ma a distanza, come anti-modelli, è infine quella
relativa a Guittone e alla poesia comico-realistica (Forese e Cecco
Angiolieri).
Edoardo Fumagalli (handout qui) ha approfondito le fonti bibliche di Dante,
sottolineando in particolare il contrasto fra il testo della Vulgata, la versione della Bibbia che
Dante leggeva, e la Vetus Latina di
tante sue fonti (Agostino e altri), cosa che ha portato il poeta ad esiti
opposti in diversi passi della Commedia.
Sonia Gentili (handout qui) ha indagato alcune fonti filosofiche e teologiche del
Dante della Commedia, sottolineando
in particolare il ruolo giocato dall’Etica
Nicomachea e da alcuni suoi volgarizzamenti.
Andrea Tabarroni infine ha sottolineato il ruolo preminente esercitato
su Dante da Bologna e dal suo Studium
nel periodo dopo l’esilio, con figure quali Giovanni del Virgilio e –per
contrasti avuti- Cecco d’Ascoli.
La seconda parte della giornata ha visto come tema La produzione e la tradizione delle Opere
di Dante. Roberto Rea ha illustrato una interessante –ma discutibile- ipotesi
per dar ragione dell’atteggiamento di Dante nei confronti dell’amico di un
tempo, ossia di Cavalcanti: secondo
lo studioso al momento della pubblicazione della Vita Nuova Cavalcanti avrebbe già dismesso gli abiti del poeta a
favore di quelli del filosofo e del pensatore, per cui –non citando
esplicitamente Cavalcanti- Dante avrebbe solo certificato un’esperienza ormai
passata nella vita dell’amico. Lo stesso discusso passo di Inf. X 63 “forse cui Guido vostro ebbe a disdegno” si potrebbe leggere
come riferito a Virgilio, emblema della Poesia, sdegnosamente abbandonata da
Cavalcanti in favore della Filosofia.
Irene Ceccherini ha riassunto invece lo status quaestionis della tradizione del Convivio, decisamente tarda: un paio di codici di metà Trecento
(Barb. 4086 = Vb, Fior. II.III.47 = F), più una quarantina di codici
quattrocenteschi di cui però propone di retrodatarne al Trecento un paio: Ashb.
842 (= Ash), da datare agli ultimi 20
anni del secolo, e precisamente intorno al 1380, data di un codice della
Riccardiana che parrebbe della stessa mano; e Plut. 90 sup. 134 (= L4) della fine del Trecento o
al massimo dei primi anni del ‘400.
Giovanna Gianola ha infine riassunto i problemi testuali e le edizioni
passate e venture delle opere latine di Dante.
Il terzo giorno del convegno ha visto la prosecuzione dei lavori sullo
stesso tema del pomeriggio del giorno precedente. Pasquale Stoppelli ha
riesaminato il problema del canone delle attribuzioni dantesche, Fiore e Detto d’Amore, e le Rime,
optando per un deciso sfoltimento del canone tradizionale –in
particolare delle Rime-, dando in
sostanza meno credito agli studi basati esclusivamente (o per lo più) sui loci paralleli e altre soggettive
ricostruzioni stilistiche.
Sandro Bertelli ha invece brillantemente riassunto, per tappe e
capitoli, la tradizione testuale della Commedia
nel Trecento e nel primo Quattrocento, distinguendo copisti, mani e tipologie
librarie. In particolare (in ordine cronologico): 1) codici in “lettera
mercantile” (secondo la definizione dell’umanista Luca Martini a proposito del
codice da lui visionato), da intendere come scrittura corsiva = Mart; 2) codici
in littera textualis = Ash («dogosto
1335», stile pisano, ossia 1334), a cui afferiscono (per scrittura e contenuto:
Commedia + Capitoli di Jacopo Alighieri) Ham, Padova Seminario 2, Laur. 40.10,
Fior. Pal. 319 (tutti intorno agli anni ’50 del Trecento); 3) codici in
scrittura corsiva, ossia “bastarda su base cancelleresca”: una settantina di
manufatti, fra cui Triv (1337) e Ga (1347-48), di mano dello stesso copista, il
noto Francesco di ser Nardo da Barberino; 4) “copista di Parm” i cui prodotti
non sono, secondo Bertelli, minimamente avvicinabili alla metà del secolo, ma
al massimo dei primi anni ’40 (per la precisione la sua produzione coprirebbe l’arco
temporale 1327/28 ca.- 1340 ca.: al 1334 e 1339 risalgono infatti i manoscritti
dell’Arte di Calimala, sua ultima opera datata): AsBo (frammenti), Parm + Par.
528 (secondo Bertelli della stessa mano), più Brux e Ricc. 1025 (mss. di più
mani, cui il copista di Parm collabora), mentre non suo è il Chig. L.VIII.292 (tutta la
produzione del copista era stata studiata per la prima volta da Gabriella Pomaro);
5) Boccaccio (= To, Ri e Chig); 6) Bol. 589, Bart. 50, Ott. 2358, Tempi 1 e
LauSc, manoscritti di fine secolo/primi anni del secolo quindicesimo, tutti
tenuti in gran pregio dalla critica dantesca dei secoli scorsi.
Michelangelo Zaccarello ha invece discusso delle soluzioni editoriali
attualmente in circolazione per il testo critico della Commedia, rivelando un certo scetticismo –o comunque cautela- nell’affermazione
dell’esistenza di un archetipo, e muovendo obiezioni circa la realizzazione di
uno stemma codicum, oltre ad avanzare
perplessità sul metodo dei loci critici
barbiani.
Giovanna Frosini ha discusso della lingua di Dante, e in particolare
del volgare della Vita Nuova, con un’interessante
excursus sulla lingua di Triv, a base
–almeno nell’edizione Petrocchi- del colorito linguistico della Commedia.
Hanno chiuso la mattinata due comunicazioni: di Laura Banella, che ha
presentato un codice con Rime di
Dante accostate alle liriche di Giusto de’ Conti, notando parallelismi e
riprese dantesche di quest’ultimo; e una mia comunicazione, in cui ho
brevemente illustrato criteri, metodologia adottata e risultati della
collazione integrale dei manoscritti frammentari della Commedia (in numero di 258), oggetto di una imminente pubblicazione.
Nel pomeriggio si sono alternati gli interventi di Silvia Rizzo (sul
latino di Dante: handout qui), Andrea Afribo (metrica e prosodia della Commedia: handout qui) e Antonio Rostagno (il ruolo della musica nella Commedia).
L’ultimo giorno del convegno è stato dedicato ai commenti e alla
fortuna della Commedia: Luca Fiorentini ha esordito parlando del «secolare commento alla Commedia» (ossia i commenti letterari),
mentre Francesca Rosa Pasut ha discusso dei «commenti figurati» (ossia i codici
miniati, in particolare i più antichi: Eg, Cha, Po, Rb), indicando in un
centinaio (di cui il 40% mai studiato) i manoscritti trecenteschi, secondo il
catalogo di Marisa Boschi Rotiroti, con un qualche corredo iconografico
significativo.
Massimiliano Corrado ha ricostruito invece le tappe del fortunato genere
della “lectura Dantis”, a partire dal Trecento (Boccaccio), al Cinquecento
(Accademia Fiorentina) e fino all’epoca moderna (dal 1800 in poi).
Corrado Bologna ha rivisitato la fortuna di Dante in alcune voci del
Novecento, in particolare Osip Mandel’stam, Primo Levi, T.S. Eliot e Ezra Pound.
Da
ultimo è intervenuto il cardinale Gianfranco Ravasi, attuale Presidente della
Casa di Dante di Roma, che, dopo aver sottolineato l’enorme attenzione
riservata a Dante dalla Chiesa cattolica (Dante è l’unico non santo ad aver
ricevuto una enciclica, la Impreclara
Summorum di Benedetto XV nel 1921; una lettera apostolica di Paolo VI, l’Altissimum cantum del 7 dicembre 1965,
quest’ultima emessa alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, con
una copia della Commedia donata dal
Pontefice a ciascun cardinale; e da ultimo un messaggio di papa Francesco del 4
maggio 2015), ha affermato che Dante concilia poesia e teologia, trascendenza e
immanenza, visibile e invisibile, interrogandosi sui destini ultimi dell’esistenza.
Esplosivo per gli studi danteschi l'annuncio finale del Professor Malato: dopo la miracolosa ricomparsa dell'Officiolum di Francesco da Barberino, che contiene, com'è noto, delle preziose miniature ispirate all'Inferno di Dante -opera un po' meno nota dei più famosi Documenti d'Amore contenenti la prima attestazione della Commedia ("hunc [Vergilium] Dante Arigherii in quodam suo opere quod dicitur Comedia et de infernalibus inter cetera multa tractat, commendat protinus ut magistrum")-, il codice in questione era stato venduto pochi anni or sono all'asta da Christie's a un anonimo aquirente per la favolosa cifra di 950.000 euro. Il Professor Malato è riuscito nell'impresa -ché di impresa si tratta- di rintracciare l'attuale proprietario del prezioso manufatto, e di convincerlo a concedere il permesso per la sua riproduzione in facsimile, che vedrà la luce -con commento adeguato- per i tipi della Salerno Editrice; come del resto, per la stessa casa editrice, si annuncia a breve la pubblicazione degli Atti del Convegno.
Esplosivo per gli studi danteschi l'annuncio finale del Professor Malato: dopo la miracolosa ricomparsa dell'Officiolum di Francesco da Barberino, che contiene, com'è noto, delle preziose miniature ispirate all'Inferno di Dante -opera un po' meno nota dei più famosi Documenti d'Amore contenenti la prima attestazione della Commedia ("hunc [Vergilium] Dante Arigherii in quodam suo opere quod dicitur Comedia et de infernalibus inter cetera multa tractat, commendat protinus ut magistrum")-, il codice in questione era stato venduto pochi anni or sono all'asta da Christie's a un anonimo aquirente per la favolosa cifra di 950.000 euro. Il Professor Malato è riuscito nell'impresa -ché di impresa si tratta- di rintracciare l'attuale proprietario del prezioso manufatto, e di convincerlo a concedere il permesso per la sua riproduzione in facsimile, che vedrà la luce -con commento adeguato- per i tipi della Salerno Editrice; come del resto, per la stessa casa editrice, si annuncia a breve la pubblicazione degli Atti del Convegno.
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