IVO ANDRIČ, LA CRONACA DI TRAVNIK

 

Una foto moderna della torre di un minareto a Travnik.

Ne La cronaca di Travnik. L'età dei consoli, Ivo Andrič (1892-1975, Premio Nobel per la letteratura nel 1961) racconta il periodo delle guerre napoleoniche (1807-1814), quando i consoli di Austria e di Francia si stabiliscono a Travnik, una piccola cittadina isolata nel cuore della Bosnia - di cui è originario l'autore stesso -, all'epoca sotto la dominazione dell'impero ottomano, che in essa ha posto la sede del visir turco. 

Gli eventi raccontati nel romanzo ruotano intorno alle figure dei due consoli: il francese Daville, coadiuvato dal giovane des Fossés; e quello austriaco von Mitterer, entrambi accompagnati dalle rispettive famiglie; le loro rivalità, dettate dalle relazioni tese fra i rispettivi paesi, e i rapporti altalenanti con il governo turco e con la popolazione locale, divisa in comunità etniche (musulmani, cristiani e ebrei), spesso in conflitto e sempre sull'orlo della rivolta. 

Come nell'opera di Andrič in generale, anche in questo romanzo la vera protagonista è la Bosnia, da sempre crogiolo di popoli e di culture diverse e in perenne contrasto fra di loro: «Andrič prende la Bosnia, suo paese natale [...] come cornice dell'azione. Conoscendone a fondo la storia (Andrič si è laureato a Graz con una tesi sulla storia della Bosnia), parte da questa regione aspra e infelice per porre i grandi problemi del destino umano, problemi di natura metafisica e universale. Parecchie nazionalità e quattro religioni (l'ortodossa, la cattolica, la musulmana e l'ebraica) condividono il comune e infelice destino della Bosnia, paese isolato e irto di montagne, che ha sofferto per secoli sotto il giogo dello straniero: dei Turchi e degli Austro-ungarici» (dal discorso ufficiale di Anders Österling per il conferimento del premio Nobel a Andrič).

«Da sempre teatro di contrasti e di guerre intestine, oggetto di conquista da parte delle più disparate popolazioni straniere, la Bosnia è una terra segnata da un destino tragico che le ha concesso solo intervalli brevi di prosperità e di indipendenza. Ma è anche una terra ricca di tradizioni culturali, frutto dell'incontro che qui è avvenuto fra etnie diverse, che combattendosi e alternandosi nel tempo si sono variamente combinate dando vita a una realtà composita e affascinante. In questo universo multiforme [...] Andrič è lo scrittore che meglio ha rappresentato i problemi e le caratteristiche di questa terra tormentata» (dall'Introduzione a La cronaca di Travnik, Milano, Mondadori (Oscar Moderni) 2021, pag. V).

Tanto le vicende principali raccontate nel romanzo quanto le figure minori che fanno da sfondo e da contorno ai personaggi dei consoli, hanno come obiettivo dichiarato da parte dell'autore di rappresentare le condizioni della Bosnia, paese piccolo e isolato, fuori dalle mappe geografiche e posto ai margini della storia; e della sua popolazione, prigioniera di un mondo chiuso e arroccato in usi e costumi atavici che fanno dell'immobilismo e della diffidenza verso tutto ciò che è nuovo il tratto dominante e caratteristico. 

I personaggi del romanzo si dividono in membri della comunità locali, presentati secondo una vasta gamma di atteggiamenti nei confronti dei nuovi venuti - e degli occidentali in generale - che vanno dallo scetticismo alla rassegnazione, dall'indifferenza all'aperta ostilità; e gli uomini che vengono da fuori, gli 'stranieri' appunto, che si ritrovano come catapultati, dalle sfavillanti capitali europee, in una realtà piccola e riottosa, che li respinge e che non li capisce, dominata dall'isolamento e dal "silenzio bosniaco" che grava come una cappa su ogni cosa e che rischia di contagiare gli stessi nuovi venuti. 

Il dramma raccontato è il frutto di un duplice scontro: il primo all'interno dello stesso universo bosniaco, fra le diverse comunità etniche e religiose (musulmani, turchi e non; croati cattolici, serbi ortodossi, ebrei), che convivono ma non si sopportano, e dove gli uni cercano di prevalere sugli altri. Il secondo scontro è quello, di più vasta portata, fra Oriente e Occidente, visti come mondi incompatibili fra di loro per mentalità, cultura, stile di vita. 

Fra questi due mondi oscillano - è proprio il caso di dire - quegli uomini (come il dottor Cologna) che si sentono parte viva di quella terra così complessa, e perciò si vedono presi a metà fra Oriente e Occidente, e hanno dell'uno e dell'altro, senza appartenere veramente a nessuno dei due, come la linea sottile che separa cielo e terra; che amano due patrie ma sono respinti e rifiutati da entrambe; e perciò si sentono come chi è "crocifisso" fra due opposte realtà. 

La cronaca di Travnik è quindi il romanzo che si sforza di raccontare questa realtà così complessa e dai molti tratti sfuggenti: quella di una Bosnia, terra di incontro e di scontro, che fa della convivenza e del multiculturalismo la sua nota caratteristica, ma sempre in bilico verso la degenerazione di tale incontro in scontro e conflitto, come dimostra ampiamente la sua storia, anche in tempi recenti.

«Per la forza epica con la quale ha tracciato temi e descritto destini umani tratti dalla storia del proprio Paese»: tale la motivazione ufficiale per l'assegnazione a Ivo Andrič del Premio Nobel per la letteratura; e tale è il tratto dominante de La cronaca di Travnik: una rappresentazione epica della Bosnia e della sua storia.

QUI un'antologia de La cronaca di Travnik  (con note di commento).


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