Note di letteratura greca: 1. I Greci, un popolo pieno di contraddizioni

 


I Greci sono un popolo la cui storia nell'antichità è strettamente connessa con la geografia del loro territorio. I due poli intorno ai quali ruotava la vita degli antichi greci erano la terra (γῆ) e il mare (Θάλασσα). La Grecia continentale, in particolare la penisola del Peloponneso, era - ed è tutt'oggi - formata da rilievi montuosi medio-alti nonché fortemente irregolari, con scarse zone pianeggianti e numerose valli strette e tortuose che si insinuano fra di esse, unica via di comunicazione incerta e difficoltosa, soprattutto in certi periodi dell'anno. Sul versante del mare, l'arcipelago greco risulta costituito da più di 6000 isole, la maggior parte delle quali però poco più che scogli in mezzo all'acqua, mai abitate in maniera stabile, con coste basse e frastagliate e porticcioli naturali malsicuri.

Le difficoltà di comunicazioni interne fra i diversi territori sono all'origine dell''estremo frazionamento politico della Grecia classica, articolata in pòleis, ossia città-stato indipendenti fra di loro che non arrivarono mai a costituire uno Stato unitario, e che anzi furono dilaniate in più occasioni da feroci lotte intestine, l'una contro l'altra o associate in alleanze rivali, pur di non dover rinunciare alla propria fiera indipendenza. Il primo paradosso è pertanto quello di un popolo che ha fatto la storia - se non altro, quella del mondo occidentale - senza tuttavia arrivare mai a sentirsi unico popolo e a costituirsi di conseguenza (se non in tempi recenti) nazione una. 

Accomunati da una stessa cultura, come appare evidente dal patrimonio mitico comune, i Greci dividevano il mondo, a livello linguistico, in due parti: i parlanti greco da un lato e dall'altro i "barbari", quelli cioè che, semplicemente non parlando la lingua greca, erano pertanto definiti tali come se balbettassero (bar bar, a livello di suoni incomprensibili emessi). Tuttavia nei vari territori si parlavano dialetti differenti, sostanzialmente diversificati nei tre gruppi principali di ionico (poi ionico-attico), ad Atene e nell'Attica, oltre che nelle isole dell'Egeo e sulle coste centrali dell'Asia minore; l'eolico, parlato nell'isola di Lesbo e sul continente in Tessaglia e in Beozia (il beotico ne è una variante); e il dorico, parlato a Sparta e nel Peloponneso (Corinto, Argolide, Messenia e Laconia), oltre che a Creta, Rodi e nella maggior parte delle colonie della Magna Grecia (su tutte Taranto, Siracusa e Agrigento). 

Tale differenziazione linguistica su base territoriale non trova però accoglienza in letteratura dove prevale il "criterio del genere letterario" di appartenenza e non quello della provenienza dello scrittore: la lirica monodica utilizzava il dialetto eolico, mentre il dorico è la lingua della lirica corale; in ionico sono invece espressi l'elegia, il giambo e gran parte dell'epigramma; in attico la prosa della storia (eccetto Erodoto che scrive in ionico), dell'oratoria e della filosofia. Perciò gli ionici Simonide e Bacchilide, o il beotico Pindaro, utilizzano tutti, a dispetto della propria patria di origine, il dialetto dorico in quanto tutti e tre eminenti rappresentanti della lirica corale. Il massimo del parossismo lo si raggiunge nella tragedia, dove i dialoghi sono in attico ma le parti liriche e il Coro risultano in dorico; e nell'epica (omerica e successiva) dove, forse perché patrimonio comune, storico e mitico, di tutte le stirpi greche, si utilizza una lingua propria - detta appunto "lingua epica" - che non corrisponde a nessun dialetto, e sembra il frutto di commistione di più strati dialettali, sebbene risulti preponderante una base eolica rivista con tratti ionici (o viceversa).

Dopo la fase trentennale della Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), nel corso della quale si contrapposero in due blocchi le due potenze egemoni di Sparta più i suoi alleati (riuniti nella "Lega del Peloponneso") e di Atene con i suoi alleati ("Lega delio-attica"), i Greci si dissanguarono per difendere ciascuno la propria identità e la propria supremazia, ma finirono così per consegnarsi mani e piedi alla nascente potenza macedone. Alessandro Magno, allievo di Aristotele ed educato al culto dei poemi omerici, si presentò come il campione della grecità contro l'impero asiatico del "barbaro" persiano: ma finì presto per assumere usi e costumi di questi ultimi, compresa la famigerata proskynesis, tanto invisa agli Elleni; e concluse la sua vita circondato dalle donne e dai piaceri, come un qualsiasi sàtrapo orientale, confinato nella lontana capitale Babilonia, dopo aver relegato la Grecia tutta a insignificante provincia dell'impero. Come conclusione della loro storia di libertà e di indipendenza, pagata a caro prezzo nel corso dei secoli, fu forse questa per i greci la suprema contraddizione, che ha il sapore amaro della beffa finale.

Commenti