Quattro passi a zonzo per Pompei

Le rovine di Pompei e, sullo sfondo, la minacciosa figura del Vesuvio

Visitare Pompei, camminare per le sue strade e fra le sue case, sigillate per secoli dalla coltre di pomice vulcanica che la seppellì, quel fatidico 24 agosto del 79 d.C., è sempre un'emozione indescrivibile. L'impressione che se ne ricava è quella di una "vita strozzata", sorpresa nel sonno e bloccata -per sempre- in un preciso momento, come lo scatto di una fotografia o dopo uno stato di ibernazione che fissa un corpo in un istante perenne. Corpi di uomini, donne e bambini, o anche animali (per es. un cane che cerca di liberarsi vanamente dal suo guinzaglio: immagine 3a) colti -tramite i calchi di gesso (nell'Orto dei fuggiaschi o nelle teche esposte all'ingresso del sito: immagini 1-3)- nel momento preciso della fuga e della corsa disperata verso una salvezza che non arriverà; le case abbandonate in fretta e furia, le scritte sui muri ancora inneggianti a questo o a quel gladiatore, insieme a "cartelli" pubblicitari e a messaggi d'amore; tutto, insomma, profuma di una vita vissuta spezzata nel pieno del suo svolgersi quotidiano.
Perdersi per i viottoli e i muri cadenti di Pompei significa, dunque, immergersi nell'atmosfera piena di vita di quell'ultimo giorno d'estate di quasi duemila anni fa, immaginando i rumori, le voci, gli uomini e le donne presenti in quel giorno di sole, un secondo prima della catastrofe e del buio di morte calato dalle pendici dello "sterminator Vesevo".

Pertanto il consiglio per chi voglia visitare Pompei, assaporando quell'aria di tanto tempo fa, è quello -a mio avviso- di procedere a una selezione che eviti le dispersioni da questo intento primario, sacrificando la vista del tutto (impossibile comunque per chi abbia solo un certo tempo a disposizione), con la scelta mirata e voluta di alcuni siti particolari, particolarmente esemplificativi oltre che molto suggestivi.
Le direttrici sono due: la ricostruzione della vita a Pompei -come dicevo- in quel 24 agosto, e l'analisi di quelli elementi che costituiscono un unicum nel panorama artistico e archeologico dell'antichità, conservati solo -o per lo più- nella cittadina campana a causa dell'effetto-teca provocato dalla spessa coltre di cenere che ha l'ha ricoperta, conservandola e preservandola nei secoli.
Riguardo al primo aspetto la cosa più suggestiva -e turisticamente sempre attraente- resta il calco in gesso di chi cercava scampo all'eruzione: nell'Orto dei fuggiaschi (Regio I n° 14) si trovano i calchi di 13 vittime, fra cui donne e bambini, parte probabilmente di uno stesso gruppo familiare, avvinti in un ultimo abbraccio, in cerca di una via di fuga verso Porta Nocera, sopra una coltre di pomice vulcanica alta 3,5 metri, ma che furono infine colti da un flusso piroclastico che ne provocò la morte per asfissia. Nella Fullonica (= lavanderia) di Stephanus (Regio I n° 3) fu rinvenuto lo scheletro, presumibilmente dello stesso Stephanus, proprietario della bottega, mentre cercava di fuggire con in mano un gruzzolo di monete, forse l'incasso dell'intera giornata. Nella Palestra Grande (Regio II 7) si rinvennero una quarantina di scheletri (17 all'interno, 14 ammassati all''interno della latrina, 18 lungo le mura perimetrali), fra cui quelli di un cavallo e quello di un uomo -il cui calco oggi è conservato nei Granai del Foro- che cercava di coprirsi la bocca con il mantello per resistere alle esalazioni; mentre nella Casa del Chirurgo (Regio VI n° 18) sono stati trovati più di 40 strumenti chirurgici, fra cui sonde, cateteri, pinze e bisturi, lasciati dal medico in fretta e furia. Nella Villa di Diomede (Regio VI n° 21), una delle più estese di Pompei, sono state trovate due vittime ancora abbracciate, una delle quali -certamente il proprietario della villa- con un anello d'oro al dito, una chiave d'argento in mano e 1356 sesterzi, morto soffocato nel peristilio prima che potesse raggiungere la porta, insieme ad altre 16 vittime, morte nelle diverse stanze dell'edificio. Nella Casa di Marco Fabio Rufo o del bracciale d'oro (Regio VII n° 21) furono rinvenute molte vittime, fra cui una donna che indossava un bracciale d'oro. Nel Quadriportico dei teatri o Caserma dei gladiatori (Regio VIII 7, 16-17) furono rinvenuti due casse di legno con le armi usate nei combattimenti dei gladiatori, insieme agli scheletri di molte vittime, fra cui quattro schiavi ancora in ceppi e 18 persone in una stanza adiacente, fra cui una donna con un ricchissimo corredo di gioielli accompagnata da una giovane serve avvolta da un lenzuolo nel tentativo di difendersi dai lapilli. Nell'Insula dei casti amanti (Regio IX n° 5), infine, sulle pareti di un ambiente noto come Casa dei Pittori al lavoro, sono stati rinvenuti i disegni preparatori di un ciclo di affreschi, interrotti per l'incombere dell'eruzione; mentre nella sala annessa al panificio, sono stati rinvenuti gli scheletri dei muli che giravano ancora, al momento della tragedia, le macine per la produzione del grano.   
Un aspetto molto curioso che attiene strettamente alle testimonianze della vita quotidiana a Pompei, è costituito dalle scritte e dai graffiti sui muri di molte domus, interessanti anche dal punto di vista della storia della lingua latina: ad es. nella Palestra Grande (Regio II n° 6), sulle pareti esterne e sulle colonne, ci sono numerose iscrizioni e graffiti a tema erotico o poetico, lasciate dai frequentatori; la Casa di Trebio Valente (Regio III n° 1) contiene sul lato orientale una serie di scritte a carattere pubblicitario, da programmi elettorali ad annunci di spettacoli nell'anfiteatro. Nella Casa del Moralista (Regio III n° 2) una serie di iscrizioni, poste nella sala del banchetto, elencano una serie di precetti su come comportarsi a tavola, evitare i litigi e tenere lo sguardo lontano dalle mogli altrui. Nella Caserma dei gladiatori (Regio V n° 1) sono state rinvenute 120 iscrizioni a tema gladiatorio, fra cui insulti nei confronti degli abitanti di Nocera, con i quali i pompeiani, nel 59 d.C., erano venuti alle mani in una gigantesca rissa fra opposte fazioni nel sostenere il proprio gladiatore. Nella Casa di Cecilio Giocondo (Regio V n° 4), banchiere e usuraio, sono state rinvenute 154 tavolette cerate con l'elenco dei debitori e delle somme versate fra il 52 e il 62 d.C., a un tasso di interesse compreso fra l'1-4%. Nella Casa dei Vettii (Regio VI n° 11) un'iscrizione all'ingresso ci informa che la prostituta Eutiche, schiava, si concedeva per la somma di due assi. Nella Casa di Pansa (Regio VI n° 6) c'è un'iscrizione in lingua osca con indicazioni per le truppe di stanza in città. Il Teatro piccolo o Odeion (Regio VIII n° 12) conserva infine, sull'intonaco delle murature esterne, moltissimi graffiti degli spettatori che partecipavano agli spettacoli.
Per quanto riguarda invece l'aspetto artistico delle pitture superstiti, è cosa ben nota l'estrema rarità delle testimonianze relative alla pittura di età classica, da cui la preziosità dei reperti pompeiani. Tutte le domus più importanti di Pompei, e la stragrande maggioranza degli edifici pubblici, sono corredate da affreschi e da veri e propri cicli pittorici. Mi limito pertanto a segnalare le testimonianze più note e/o meglio conservate, ordinate secondo le 9 regiones. La Casa di Casca Longus o dei Quadretti teatrali (Regio I 6, 8-9.11) con una serie di pitture ispirate alle Commedie di Menandro (immagine 4); la Casa del Larario di Achille (Regio I n° 4) con affreschi relativi alla guerra di Troia (immagine 5); stesso ciclo -insieme ad affreschi di Satire e Menadi- nell'adiacente Casa del Criptoportico (Regio I 6 2-16: immagine 7); la Casa del Menandro (Regio I 10, 4) con atrio affrescato da scene dell'Iliade e dell'Odissea, mentre nel portico si trova un quadro raffigurante Menandro (immagine 6); Casa e Thermopolium di Vetutius Placidius (Regio I n° 10) con un'edicola dipinta in cui sono rappresentati i Lari, il Genio protettore della casa, Mercurio e Dioniso (immagine 8); la Casa del frutteto o dei Cubicoli floreali (Regio I n° 11), con pitture di giardini, piante e animali di diversa specie, tutti riconoscibili (immagini 9-10); la Casa della Venere in conchiglia (Regio II 3, 3) con tre splendidi affreschi: Venere in conchiglia circondata da due amorini (immagine 11), una fontana in cui si abbeverano degli uccelli (immagini 12-13), Marte su piedistallo (immagine 14). La Casa di Marco Lucrezio Frontone (Regio V n° 2) conserva con affreschi di Bacco e Arianna, Marte e Venere, e diverse nature morte, con scene di caccia tra leoni, pantere e altri animali (immagini 15 e 17); nella Necropoli di Porta Vesuvia (Regio V n° 5), la tomba di Caius Vestorius Priscus, la più grande di quattro monumenti funebri, è decorata con affreschi rappresentanti figure simboliche legate all'oltretomba, il defunto è ritratto in una scena quotidiana, e scene di lotta fra gladiatori (immagine 17), di caccia e nature morte. Nella Casa della fontana piccola (Regio VI n° 3) grandi pareti sono affrescate con vedute di paesaggi e di una città marittima (immagine 37); la Casa del poeta tragico (Regio VI n° 4) è famosa, invece, per il mosaico rappresentante un cane in catene con la scritta Cave canem (immagine 19), e un altro mosaico con scena di attori che si apprestano a una rappresentazione teatrale (immagini 20-21); una serie di affreschi con scene dell'Iliade e di Arianna abbandonata da Teseo, si trovano invece nel soggiorno. Nella Casa di Adone ferito (Regio VI n° 9) troviamo gli affreschi di Adone morente in compagnia di Venere (immagine 22), oltre a un affresco con la "Toeletta di Ermafrodito"; la Casa dei Dioscuri (Regio VI n° 10), una delle più sontuose di Pompei, ha affreschi di carattere mitologico, fra cui una celebre Medea, ora a Napoli (immagine 23); l'adiacente Casa dei Vettii (Regio VI n° 11) con fregi di Amorini intenti in attività domestiche e quadretti con scene erotiche nella cucina (immagini 24-25). La Casa del Principe di Napoli (Regio VI n° 15) con scene conviviali e Bacco e Venere a grandezza naturale (immagine 26); la Casa di Meleagro (Regio VI n° 16) con scene del mito di Atalanta e Meleagro (immagine 27); la Villa dei Misteri (Regio VI n° 22), che prende il nome da un grande affresco che copre le tre pareti con scena di riti iniziatici legati a Dioniso (flagellazione di una fanciulla, danze, fauni e menadi: immagini 28-30). Le Terme Suburbane (Regio VII n° 1), le uniche private di Pompei, sono decorate con quadretti erotici, probabilmente per indicare la presenza -illegale- di prostitute al suo interno (immagine 31-32), oltre a pitture con scene marine e mitologiche. La Casa di Sirico (Regio VII n° 17) ospita affreschi ispirati alla guerra di Troia (immagine 34); mentre nel Lupanare (Regio VII 12, 18) sono ancora visibili quadretti erotici per illustrare le prestazioni delle prostitute, per lo più schiave greche e orientali (immagine 33). La Casa della caccia antica (Regio VII n° 20) conserva scene di caccia rappresentanti Apollo e una Ninfa, Diana e Atteone (immagine 35); mentre nella Casa di Giulio Polibio (Regio IX n° 4) si trova un grande affresco nel triclinio con episodi del supplizio di Dirce, legata a un toro, e altre scene mitologiche (immagine 36); nell'Insula dei casti amanti (Regio IX n° 5) si trova, infine, un affresco rappresentante tre banchetti in tre diversi momenti dell'anno, fra cui quello più celebre, relativo all'estate, con lo scambio di un bacio fra due amanti (immagine 16).
Tutto questo, insomma, insieme a mille altri particolari, ci riconsegna l'immagine vivida e viva di una città romana al colmo del suo splendore, prima che il Vesuvio, in una calda giornata d'estate, cancellasse con un colpo solo, insieme alla città e ai suoi monumenti, le vite di tanti uomini e donne, fra cui quella di Plinio il Vecchio, spinto dall'insaziabile curiositas dello scienziato ad avvicinarsi via mare al centro della catastrofe, in direzione opposta agli abitanti di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis (l'odierna Torre Annunziata) che cercavano una impossibile salvezza -invano- fuggendo in massa verso la spiaggia.

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